Battiamoci senza paura

crisi della Chiesa recensioni Tradizione & Liturgia

Pubblicato su Corrispondenza Romana, 10 ottobre 2013. 

- A cura di Cristina Siccardi

Il sottotitolo dell’ultimo libro di Paolo Pasqualucci, Battiamoci senza paura per la rinascita della Chiesa (Cattolici, in alto i cuori!, Fede & Cultura, pp. 215, € 16.00), andrebbe scritto a caratteri di fuoco nel cuore di ogni credente. La rivoluzione in seno alla Chiesa, avvenuta con e dopo il Concilio Vaticano II, ha compiuto demolizioni consistenti: il catechismo non garantisce più la conoscenza della dottrina; la liturgia è diventata un prodotto creativo; i dogmi non sono più il fondamento del Credo; i problemi socio-economici sono spesso la preoccupazione maggiore dei pastori.

Questo saggio è nato come riflessione al libro di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, uscito nel 2011: La Bella Addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà (Vallecchi). Scrive il professore emerito di Filosofia del diritto dell’Università di Perugia: «Il Concilio, si sa, è stato presentato da molti dei suoi protagonisti e settatori quale “nuova Pentecoste” che ha rinnovato la Chiesa dalle fondamenta. E difatti, per la gente comune “ci sono due Chiese”. Una prima del Concilio e un’altra dopo il Concilio» (p.31). «Questo è ormai “luogo comune e convinzione diffusissima”. Il Concilio è stato una “svolta epocale”» (ivi). «Che questo modo di sentire della gente rifletta istintivamente l’immagine che la Chiesa attuale dà di sé, mi sembra evidente. Si presenta forse allo stesso modo della Chiesa cattolica di una volta, come appariva sino al tempo di Pio XII? È cambiato tutto: l’abito, il modo di pensare, di esprimersi, di pregare, di celebrare la Messa, i Sacramenti, gli Esorcismi. Il latino è scomparso, Il modo di essere della Chiesa si è, appunto, “secolarizzato”: i chierici e le suore si sono mimetizzati nel Secolo, che sembra averli inghiottiti» (pp. 9-10).

Il predominio delle Conferenze episcopali ha condotto alla mortificazione pastorale ed individuale di ciascun vescovo, portando talvolta lo stesso Pontefice a seguire le “tendenze” delle Conferenze episcopali. I vescovi diventano «membri del collegio» degli episcopi già con la consacrazione, «che in passato conferiva individualmente solo la potestà d’ordine, che è quella sacerdotale, di celebrare la Messa e amministrare i Sacramenti. Non necessitano più della cosiddetta missio canonica da parte del Papa, di quell’atto specifico che conferiva loro, sempre individualmente, la potestà di giurisdizione sulla diocesi della quale erano Ordinari. (…) Se l’esercizio di tale potestà è condizionato dalla “comunione gerarchica col capo e le membra del collegio” (vedi l’art. 24.2 della Lumen Gentium), resta il fatto che essa è ora attribuita al vescovo già dalla consacrazione e sembra valere per tutta la Chiesa» (p. 21).

Pasqualucci riprende gli assunti del libro di Gnocchi-Palmaro e li pone sotto i raggi x della dottrina immortale della Chiesa individuando debolezze, deviazioni, errori nati nel Concilio. Allo stesso tempo traccia la via per esortare il cattolico a ritrovare quella virtù che è il sole delle altre, la Carità, quella che permette di testimoniare con coraggio la propria Fede di fronte al mondo e nella stessa Chiesa a cui orgogliosamente si appartiene.

In definitiva, Pasqualucci sollecita i cattolici a non avere più paura dei figli del Secolo e a guardare alla testimonianza dei santi: «La santità si attua (…) nella battaglia che dobbiamo combattere contro noi stessi per resistere alle tentazioni, non peccare, vivere per l’appunto secondo ciò che Dio vuole da noi, con l’aiuto indispensabile della Chiesa, dei Sacramenti. E di uno slancio rinnovato verso la santità, di questo slancio generoso verso Nostro Signore non abbiamo a maggior ragione bisogno oggi, dovendoci temprare per la lotta contro le false dottrine diffusesi da troppo tempo nella Cattolicità?» (p. 201).


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