Paolo Nardi recensisce: "Vieni Ruota! Vieni Forca!"

narrativa recensioni

Pubblicato su La spelonca dei libri, 14 maggio 2013.

- a cura di Paolo Nardi

Lo dico con una certa fierezza: è il terzo libro di Benson di cui curo la pubblicazione dopo I Necromanti e Il trionfo del Re (sebbene continui a non aver letto la sua opera più famosa, Il padrone del mondo), tutti per Fede & Cultura. Del Trionfo del Re, questo Vieni ruota! Vieni forca! (titolo che riprende una frase del santo martire gesuita Edmund Campion, che compare anche nel romanzo) è, di fatto, l’ideale prosecuzione, ponendosi come terzo capitolo di un’ideale trilogia dedicata alla storia delle persecuzioni religiose in Inghilterra sotto la dinastia Tudor (il secondo capitolo è Con quale autorità, pubblicata dalla BUR), anche se è bene chiarire che si tratta di romanzi separati e autoconclusivi, leggibili indipendentemente come opere a sé. Questa volta, Benson ci porta nel Derbyshire durante il regno (illuminato e felice, almeno secondo la vulgata storica) di Elisabetta I e racconta la storia del giovane e caparbio Robin Audrey, innamorato e promesso sposo della virginale e timorata Marjorie Manners, pronto però ad abbandonare tutto diventare prete e partire per Reims una volta appurato che suo padre ha abiurato la fede cattolica per abbracciare quella riformata (e, di conseguenza, non pagare più la tassa imposta a tutti quelli che a quel tempo si rifiutavano di seguire la Chiesa di Stato). Ritornerà in Inghilterra molti anni dopo, sotto la falsa identità di Mr. Alban, come uno di quei sacerdoti che, accettando la persecuzione e la precarietà, misero a repentaglio la propria vita fino al martirio pur di portare i sacramenti alle famiglie che scelsero di rimanere cattoliche (i cosiddetti recusants), in un’epoca nella quale il tradimento era sempre dietro l’angolo (anche per mera opportunità economica) e, se si veniva scoperti, l’esito era essere torturati, impiccati e squartati (il termine tecnico era hanged, drawn and quartered, ed era riferito al supplizio inflitto al reato di alto tradimento e di offesa alla persona del sovrano). La sua amata Marjorie, invece, che non si è mai opposta al piano di Dio per la vita del suo amato e ha accettato la sua vocazione, svolgerà il ruolo di coordinatrice operativa dei sacerdoti, pianificando dove mandarli e offrendo loro ospitalità e nascondiglio. Pare che sull’accuratezza storica di Benson la critica si sia divisa (un suo grande ammiratore come Hilaire Belloc, per esempio, osserva che la sua ricostruzione è modellata più sul XIII secolo che sul XVI), tra chi sostiene che lo scrittore si sia attenuto alle fonti e chi invece lo accusa di un eccessivo taglio melodrammatico, e se vogliamo dirla tutta il suo stile di scrittore risulta piuttosto datato (il romanzo è del 1912), ma non è questo l’importante: a Benson interessa soprattutto celebrare l’eroismo e i sacrifici di quei campioni della fede che accettarono la persecuzione e, ciò nonostante, non fomentarono mai la disobbedienza civile alla regina, dal momento che il papa dell’epoca (Gregorio XIII) non aveva conferito a nessuno l’autorità di deporla né tantomeno di ucciderla e, anzi, anche i cattolici inglesi non persero il loro patriottismo (tanto che nel romanzo, quando si vocifera di una possibile invasione dell’Inghilterra da parte della flotta spagnola che rovescerebbe il regno di Elisabetta e libererebbe i cattolici, nessuno è contento di finire governato dal re di Spagna). È proprio Robin il simbolo di questa fede eroica e positiva che, a costo d’indicibili sofferenze, offre un fulgido esempio di fede a chi magari la fede l’ha persa (è il caso del padre di Robin), contrapponendosi alla visione più battagliera di cattolici come Babington, che mal tolleravano il giogo del terrorismo fisico, psicologico ed economico perpetrato dal regime elisabettiano, al punto di affermare che fosse meglio rispondere con la legge del taglione ed eliminare la radice di tutti i mali e di tutte le persecuzioni, la regina Elisabetta in persona, consegnando il trono alla regina di Scozia Maria Stuarda, e finirono così nella rete che Walsingham (capo del servizio di spionaggio del governo elisabettiano) e dello spietato scherano Topcliffe (persecutore e torturatore di cattolici) andavano intessendo per intrappolare la pericolosa regina di Scozia e che vide tra i suoi principali artefici il cattolico apostata Gilbert Gifford. Un romanzo da combattimento, ma autenticamente cattolico.


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