Marcia per la vita 2013. Intervista a Virginia Coda Nunziante

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Pubblicato su tempi.it, 1 maggio 2013.

- a cura di Valerio Pece

La marcia per la vita, variegata e trasversale rappresentanza di oltre 150 associazioni e ordini religiosi, non trova collocazione in nessuna categoria normalmente utilizzata. Come del resto è accaduto per l’oceanica Manif pour tous, la manifestazione francese con la quale la Marcia per la Vita ha diversi punti di contatto. Certamente due: le parole di sfregio ad esse piovute addosso dal versante laicista (sono in molti a ricordare come Piero Nanni, consigliere del Pd al Comune di Roma, classificò i manifestanti alla Marcia per la Vita: «integralisti, negazionisti, razzisti e omofobi»), nonché le ormai famose magliette con disegnata una famiglia stilizzata, che dopo essere costate a Franck Talleu una multa, sono rapidamente diventate, tra la meraviglia di tutti, un simbolo di libertà di pensiero. Magliette che, con un logo simile, molti indosseranno anche durante la Marcia del 12 maggio.
Due sono le Associazioni che organizzano la Marcia per la Vita, giunta al suo terzo anno: il MEDV, Movimento Europeo per la Difesa della Vita e della Dignità Umana, il cui presidente è Francesco Agnoli, saggista e instancabile pro-life, e Famiglia Domani, associazione presieduta da Virginia Coda Nunziante, figlia del Marchese Luigi Coda Nunziante. La incontriamo.

Coda Nunziante, alla scorsa edizione della Marcia per la Vita nessuno ha potuto fare a meno di notare lo sfilare di ordini religiosi, per lo più nuovi, che attraversavano Roma cantando e inneggiando, come i giovani sacerdoti e le suore della Famiglia del Verbo Incarnato o dei Francescani dell’Immacolata. Come pure non poco scalpore hanno destato i coloratissimi gruppi di ventenni che, autofinanziandosi, sono arrivati dalla Polonia e dall’Ungheria. Insomma, la Marcia si è rivelata una festa di popolo che ha lasciato un forte desiderio di impegnarsi per la difesa della vita. Come spiega questa gioia straripante e questa motivazione ostinata dei partecipanti?

La presenza di tantissimi giovani e di ordini religiosi di recente fondazione, peraltro pieni di vocazioni, si spiega col fatto che la Verità, quando è proposta in modo integrale, in tutta la sua bellezza, attira. Le nuove generazioni cercano valori forti, testimoni coerenti. Scendere in piazza a difesa della vita, senza tatticismi e senza compromessi, significa fare militanza attiva, impegnarsi in prima persona, combattere per ciò che è giusto e santo. I nostri giovani hanno bisogno di spendere la vita per quel che conta di più. E un evento come la Marcia permette anche di aggregare uomini e donne, giovani e adulti, provenienti da tutta Italia e anche da altri Paesi. Ritrovarsi tutti a Roma ha una grande importanza anche dal punto di vista dell’amicizia. Chi la pensa in un certo modo sui temi etici e i valori non negoziabili, sa che non è solo e che può contare su una rete di persone che hanno gli stessi obiettivi e le stesse speranze. Oggi c’è tanto bisogno di unità, di trovarsi insieme per condividere la medesima battaglia. A mio avviso la Marcia per la Vita serve anche a questo: formare un “esercito” pacifico, ma fortemente motivato e tenace, per lottare contro l’aborto e ogni altro attacco al diritto naturale.

Anche quest’anno più di 40 vescovi hanno dato la loro adesione alla Marcia, congratulandosi per la fortissima azione pubblica in favore della vita; mentre nella scorsa edizione il cardinale Raymond Burke, mischiato alla folla, ha percorso l’intera Marcia, e il cardinale Angelo Comastri, nella basilica di San Pietro, ha celebrato una Messa per i partecipanti. Alberto Melloni ha dichiarato che «con la Chiesa questa Marcia ha ben poco da fare». Chi tocca la 194 muore?

Che dire, basterebbe prendere il discorso di Benedetto XVI del gennaio 2011 ai vescovi statunitensi. Lì il Santo Padre incoraggiava caldamente i cattolici a riappropriarsi della piazza pubblica per difendere i valori non negoziabili, e il primo fra questi è certamente il diritto alla vita: senza di esso non esistono altri diritti. Ma vorrei ricordare anche la recente, e per certi versi dirompente, intervista del 23 aprile di S. Emin. card. Burke al portale LifeSiteNews.com, nella quale egli auspica che i vescovi di tutto il mondo guidino, ciascuno individualmente, la lotta alla Cultura della Morte, senza però attendere le conferenze episcopali nazionali, perché “ciascun vescovo ha una responsabilità precisa in materia”. Il card. Burke ha inoltre rimarcato che il coinvolgimento dei vescovi dovrebbe essere costante, perché nella vita pubblica il messaggio contro l’aborto – “delitto abominevole”, ci ricorda la Gaudium et spes – deve essere non solo affermato una tantum, ma anche, e questo è il punto, riaffermato, tenuto cioè sempre aggiornato. Secondo il Prefetto della Segnatura Apostolica, i vescovi dovrebbero “incoraggiare la gente a manifestare attivamente il loro desiderio che la legge morale sia rispettata”.


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