I Númenoreani e i loro re sono il peggior esempio di una cattiva relazione degli Uomini con la morte: i loro re, infatti, avevano la capacità di scegliere il momento in cui morire, ma poi l'hanno perduta per il desiderio di restare attaccati alla vita oltre il dovuto. In questo modo non accettano il "dono di Ilúvatar", la morte, come invece aveva fatto Elros, il loro capostipite, e come invece fa Aragorn alla fine del "Signore degli Anelli". Insieme alla non accettazione della morte arriva la corruzione e la caduta.
Come conciliare libertà e autorità? Come garantire sicurezza alla comunità senza ledere i diritti fondamentali di ciascuna persona? Quali sono i doveri, i limiti e i diritti dello Stato? Auspicabile fondare una società senza il vangelo? Ne parliamo con don Samuele Cecotti, uno tra i più importanti studiosi di dottrina sociale della Chiesa in Italia.
Più che un ragionamento sul potere, "Il Signore degli Anelli" riflette una profonda meditazione sul tema della morte e dell'immortalità in relazione a Uomini ed Elfi, creati diversi per esplicita volontà di Eru/Ilúvatar. La morte data agli Uomini è un dono, che permette loro di essere liberi e di tendere oltre i confini del mondo, ma gli Uomini non lo capiscono e la interpretano come una maledizione forse dovuta a un loro peccato: cercano quindi di scappare da questa realtà, trovando dei rimedi e dei succedanei.
La grande produzione letteraria di G.K. Chesterton ci aiuta a riflettere anche sui grossi problemi economici della modernità. Oggi Fabio Trevisan ci aiuta a conoscere il distributismo di Chesterton tramite un'opera meno nota, ma non per questo meno importante: "Il profilo della ragionevolezza".