Anche i nostri paesi e città umbri si presentano così. E’ merito di quella tradizione avviata da Francesco d’Assisi a Greccio, che poi è diventata anche gusto del paesaggio. Il presepe, nel suo duplice significato di "mangiatoia, greppia" e, letteralmente, di "luogo che ha davanti un recinto", non è chiuso; è aperto dai poveri (come quella famiglia di Nazareth per cui non c’era posto a Betlemme) ai pastori e ai più lontani, i sapienti Magi...
Il calzolaio di Finisterre, pur partendo dichiaratamente da un intento educativo, conscio come è l’autore delle colpevoli manchevolezze (ovvero: falsificazioni) nella descrizione della guerra civile spagnola nella scuola degli Italiani, riesce ad essere non un saggio romanzato, bensì un romanzo vero e proprio, dotato di una trama autonoma (in cui un posto importante occupa il complesso rapporto tra il protagonista eponimo e suo padre), che però si lega strettamente alle vicende storiche spagnole.
racconti di Guareschi, con il parroco don Camillo e il sindaco Peppone sempre in qualche modo protagonisti, sono per tradizione gustosi e divertenti (anche perché li si immagina sempre nell’irresistibile interpretazione cinematografica di Fernandel e Gino Cervi).
Un tempo e uno spazio separati da quelli profani ma, proprio per questo, capaci di vivificare: parole e azioni, gesti e paramenti, oggetti e testi, in un’inestricabile e affascinante rete di simboli e di reciproci rimandi. Sono lo spazio e il tempo della Liturgia, specie di quella Romana, di cui si occupa il testo Una foresta di simboli. Il senso mistico-allegorico della Messa tradizionale di Claude Barthe, ed. Fede e cultura 2019, che ci guida in questa impresa labirintica e dimenticata ma, proprio per questo, affascinante.