Gianandrea de Antonellis recensisce: L'Inviato

narrativa recensioni

Pubblicato su Radici Cristiane n.125 - giugno 2017.

- a cura di Gianandrea de Antonellis

Se l’Italia ci mise dieci anni per scoprire un capolavoro come il romanzo Il Nemico, pubblicato nel 2006 da San Paolo, Fede&Cultura ha avuto immediatamente la prontezza di tradurre l’atteso sequel, L’inviato, storia della lotta contro l’Anticristo. Nei successivi anni Michael O’ Brien, ribattezzato prontamente il Dan Brown cattolico (non senza un suo certo fastidio), si è dimostrato ben diverso dall’autore seriale, scrivendo un prequel del Nemico elegante e raffinato (Il libraio) e altri lavori (L’isola del mondo,
Theophilos, Halcyon) completamente diversi, ma tutti accomunati dalla stessa profonda cattolicità. Ne L’inviato è ritornato al tema apocalittico: il protagonista è sempre padre Elia, ebreo polacco scampato in gioventù al rastrellamento del ghetto di Varsavia grazie alla generosità di un libraio cattolico, dalla cui fede rimane affascinato. Emigrato in Israele, entra a far parte dei servizi segreti, quindi tenta la carriera politica; ma quando è sul punto di essere eletto premier, una bomba palestinese uccide l’amata moglie, in attesa di un bambino. A questo punto accade l’inaspettato: decide di abbandonare la vita pubblica e diventa carmelitano. La sua vicenda personale, la sua eccezionale cultura e la profonda Fede fanno sì che il Papa lo scelga come unico possibile interlocutore per contrastare l’Anticristo, che nelle vesti del Presidente della Comunità Europea sta assumendo sempre più potere grazie alla dittatura del relativismo, osannato non solo da politicanti laicisti, ma anche da influenti membri della stessa Chiesa, che riesce a corrompere con le lusinghe di una falsa pace e di un abbraccio tra le religioni. Se ne Il nemico padre Elia aveva dovuto confrontarsi con un genio del male in ascesa, ne L’inviato ha di fronte un uomo giunto quasi al culmine del potere: quali armi può utilizzare il protagonista? Solo quelle della preghiera, dell’affidamento alla Provvidenza ed all’aiuto divino, che si concretizza talvolta in piccoli uomini semplici, che però si trovano al posto giusto al momento giusto; talvolta in messaggeri celesti che gli indicano il percorso da fare o lo rincuorano nei momenti di maggiore abbattimento. La capacità di scrittura di O’ Brien, già evidenziata nei precedenti lavori, riesce a costruire una storia avvincente, in cui grande spazio è lasciato alla religiosità praticata (la preghiera, la S. Messa, la partecipazione ai Sacramenti), ha grande importanza e riesce a trasmettere un senso di serenità anche al lettore. Un vero romanzo cattolico, dunque, peraltro privo di ogni forma di quel male che invece colpisce la maggior parte della letteratura simile: il didascalismo.


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