Dal Sillabo al Vaticano II: un affresco incisivo di don Claude Barthe

crisi della Chiesa dottrina sociale recensioni

Osservatorio Card. Van Thuận

di Stefano Fontana
1 luglio 2025.

Questo libro di don Claude Barthe [Troverà ancora la fede sulla terra? La crisi della Chiesa dopo il Vaticano II, Fede & Cultura, Verona 2024], è decisamente da leggere. Si tratta di un affresco delle principali vicende materiali e dottrinali della Chiesa cattolica dal Sillabo ad oggi. Tutti i passaggi vengono descritti con intelligenza e tutte le grandi questioni sospese vengono considerate appunto sospese, ossia bisognose in futuro di chiarimenti.


La Chiesa del Sillabo è definita delle “ambiguità” nella ricerca di “una strada che non si poteva trovare”. Sia i cattolici liberali che gli intransigenti “non coglievano tutta la porta del problema”. I liberali non capivano che nella repubblica democratica c’era “il desiderio di allontanare la Chiesa dalla scena pubblica”. I liberali, con una “ingenuità a colte commovente” credevano che nella repubblica democratica ci fossero delle opportunità per ridare al cattolicesimo una influenza nell’età moderna.

Gli intransigenti continuavano a chiedere allo Stato quello che esso non poteva più dare, i liberali distinguendo tra Tesi e Ipotesi, furono condannati. Nel frattempo, tutti i Papi (con eccezione di Pio X) giunsero a compromessi: Pio VII unse l’incoronazione di Napoleone I, Gregorio XVI mantenne le relazioni diplomatiche con la Monarchia di Luglio, Pio XI ha abbandonato i Cristeros messicani, Napoleone III fu salutato come “nuovo Carlo Magno”, Leone XIII invitava i cattolici francesi a collaborare con la Tersa Repubblica mentre per l’Italia manteneva il principio di Pio IX: né eletti né elettori. Giovanni XXIII ricevette la berretta cardinalizia dal Presidente francese.

Durante il pontificato di Pio XI George Bernanos aveva già visto la morte del cristianesimo davanti al mondo moderno che trionfa mediante la democrazia senza Dio, e criticava il Maritian del Primato dello Spirituale che ispirava la ritirata. Sullo sfondo il secondo Ralliement di Pio XI, che riprendeva le relazioni diplomatiche con la Repubblica francese, condannava l’Action française, nominava dopo il 1926 molti vescovi democratici, ammorbidiva la militanza dell’Azione cattolica.

Al contrario di Bernanos, Maritain, che operava dietro mandato di Pio XI, interpretando la Quas primas come Dupanloup aveva interpretato il Sillabo, distinse tra cristianità sacrale e cristianità secolare in Umanesimo integrale. Con lui la distinzione tra tesi e ipotesi fece spazio ad una “spiritualizzazione della tesi”: ma egli era indietro rispetto ai due Ralliement e le sue opere in nessun modo servirono a “ispirare una strategia di riconquista politica”.

Negli anni 50 in Francia esplodono i preti operai, le polemiche su Teilhard de Chardin, la critica al metodo scolastico, l’attività di Le Saulchoir e di Fourvière, le nuove riviste, il rinnovamento liturgico,  teologico e il rinnovamento biblico, molte uscite dal sacerdozio. I preti operai furono cruciali: miravano a cambiare le strutture sociali e politiche per predicare Cristo in modo efficace (integralismo di sinistra). Pio XII nel suo discorso del 1953 arriva ormai in ritardo.

Figura centrale del rinnovamento teologico è padre Congar, soprattutto sull’ecumenismo: “Unità senza ritorno o unità attraverso il ritorno?”. Nell’opera “Vera e falsa riforma della Chiesa” (1950) il progetto era riconciliare la Chiesa e un certo mondo moderno. Ciò avvenne con il primato della pastorale: cambiare l’espressione della fede senza cambiare i dogmi, creare un modo non dogmatico di esprimere la fede, una espressione non dogmatica della fede.

Poi arrivò il Vaticano II. Secondo Barthe il Segretariato per l’unità dei cristiani divenne il nuovo Sant’Uffizio: l’ecumenismo divenne l’obiettivo principale del Concilio, ne determinò le caratteristiche e gli esiti. Era la nuova Ipotesi che richiedeva un cambiamento della Tesi. Nella seconda fase del Concilio guidata da Paolo VI secondo Barthe avvenne qualcosa di speciale: “la neutralizzazione del modus agendi dottrinale tradizionale”, ossia “una volontaria astensione dalla funzione di insegnamento supremo”, una sorta di “rinuncia con l’obiettivo di realizzare una apertura verso il mondo”. I casi del comunismo e della proclamazione di Maria corredentrice lo testimoniano. L’autore afferma a questo proposito che “l’atteggiamento dismissivo dal punto di vista dell’insegnamento e il desiderio di apertura agli uomini di questa epoca erano intimamente legati”. Rimase poi il tema della collegialità sul quale Paolo VI scrisse la Nota explicativa praevia per “rassicurare i vescovi di minoranza” e riaffermava  il primato papale “ma si guardava bene dal dissipare la vaghezza sulla successione apostolica”.

Della Gaudium et spes, Barthe dice che “è un testo complesso, poco organico, prolisso e – va detto – abbastanza insignificante”. Il nucleo essenziale rimaneva l’ecumenismo, con una stranezza particolare: il testo della Unitatis redintegratio “non contiene la minima definizione dottrinale, per quanto indiretta, di ecumenismo”. Per quanto riguarda le religioni non cristiane, il Concilio “non specifica chi siano i partner del dialogo”. Data la grande vaghezza del decreto Nostra aetate, Barthe ricorda che La Civiltà Cattolica poté scrivere che le fedi non cristiane sono “vie straordinarie di salvezza” e che “contengono, quindi, in una certa misura, una rivelazione divina”.

Anche con la Dignitatis humanae, secondo il nostro autore, si arrivò alla “rinuncia al Magistero con la massima portata” fino a “invalidare il vecchio a favore del nuovo”. Con la dichiarazione sulla libertà religiosa si entrò come “in un altro pianeta” rispetto al passato, sostenendo che “l’autorità politica è per sua natura laica e incompetente in materia di religione: lo speciale riconoscimento civile concesso alla Chiesa non era più dato come regola, la Tesi, ma poteva eventualmente risultare da circostanze peculiari”.

Sulla nuova liturgia, il nostro Autore vede un altro caso si “autocancellazione dell’autorità magisteriale”, “la Chiesa si rimetteva alla scuola del mondo, che le insegnava delle cose su se stessa. Essa doveva pregare in quello stesso modo: in un certo senso, alla scuola del mondo secolare”.

Si può dire che il filo rosso del libro sia dato dal rapporto tra Tesi e Ipotesi. Lungo il tempo sembra che la Ipotesi sia diventata la Tesi, o che abbia importato la Tesi dentro se stessa.



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