Il Padrone del mondo: recensione di Paolo Nardi

narrativa Paolo Nardi recensioni

Pubblicato su La spelonca del libro, 29 ottobre 2014.

- a cura di Paolo Nardi

È arrivato il momento della pubblicazione della nuova edizione per Fede & Cultura de Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson con la traduzione curata dal sottoscritto, nuova traduzione quanto mai necessaria soprattutto alla luce del fatto che l’edizione Jaca Book (a opera di Paola Eletta Leoni del 1987) era di molto superiore a quella di Fede & Cultura (di Corrado Raspini del 1920). Inoltre, un romanzo come questo (distopico, futuristico e visionario) necessitava di una lingua contemporanea perché se ne potesse cogliere l’attualità: come dice Luca Fumagalli, autore della biografia Robert Hugh Benson: sacerdote, scrittore, apologeta, il particolare inconsapevolmente geniale del romanzo è che, essendo stato scritto nel 1907, è completamente estraneo alle ideologie che hanno dominato il Novecento. La distopia che Benson realizza è quella di un mondo aideologico (almeno secondo le ideologie tradizionali) e quindi, inconsapevolmente, ci catapulta nella stretta attualità, cioè in un mondo postideologico dove domina un’ideologia subdola, pacifica, tollerante, che fa di tutto per unire e riuscire a convivere, ma dove la componente religiosa viene messa sempre più da parte, con l’uomo che viene eletto a divinità e diventa il legislatore supremo. Per il prete cattolico Benson però l’uomo è segnato dal peccato originale e questa utopia mostra ben presto la corda, visto che cominciano a verificarsi stragi di cattolici: è il personaggio di Mabel (forse il più complesso del romanzo) a cogliere la schizofrenia di un mondo che le ha promesso la vera pace dopo gli anni dell’intolleranza religiosa e che ora dimostra invece che gli uomini sono barbari esattamente come prima). Oltre agli apprezzamenti, rinnovo allo steso tempo le mie critiche a un romanzo che sconfina spesso nel fideistico, abbonda di descrizioni inutili e pecca di alcune facilonerie monarchico-vittoriane (il trionfo del papa che celebra davanti a tutti i sovrani della terra, rigettati dalla democrazia e confluiti a Roma), e che termina con un finale apocalittico poco coraggioso e incisivo (segno che, con ogni probabilità, a Benson non interessava affatto creare un romanzo autenticamente distopico). Forse non è il capolavoro che si pretenderebbe, ma è comunque un libro da leggere. Qui di seguito la mia prefazione alla nuova traduzione:

"Alla luce del costante successo di un titolo come Il padrone del mondo e, soprattutto, delle recenti parole di Papa Francesco, che l’ha definito un romanzo capace di aver “visto quello spirito della mondanità che ci porta all’apostasia” nel contesto della condanna del “pensiero unico” che discende dalle lusinghe della modernità, abbiamo creduto che presentare una nuova traduzione del romanzo più famoso di Robert Hugh Benson in occasione del centenario della morte del suo autore (avvenuta nel 1914) fosse un omaggio doveroso ma soprattutto necessario. Senza nulla togliere alla primitiva traduzione di Corrado Raspini del 1920, che comunque è rimasta sempre il riferimento fondamentale, il romanzo meritava una veste linguistica più moderna e graffiante, capace di parlare ai lettori contemporanei e vincere le resistenze presentate da un italiano che, lo si voglia o no, è molto cambiato nel corso di un secolo. Pertanto, non si troveranno più esclamazioni come “Che cicalata gazzettiera!” e “Deploro il mio fallo!”, che forse erano comuni ai tempi di Raspini ma che suonano bizzarre se non addirittura incomprensibili per un lettore del 2014. Oltre a una lingua più consona ai tempi, il criterio che si è deciso di seguire in questa nuova traduzione è stato il rispetto dei nomi originali nella loro versione inglese e per la toponomastica di Londra (dove si svolge buona parte del romanzo): per questa ragione, rispetto alla vecchia edizione Fede & Cultura, il papa Benedetto XVI (scelta all’epoca dettata dalla volontà di collegare la persecuzione nei confronti della Chiesa che il romanzo racconta all’attualità e al papa di quel periodo, Joseph Ratzinger) è tornato a essere Giovanni XXIV, e tutti potranno riconoscere luoghi familiari quali Trafalgar Square, Parliament Square e Victoria Station, con il loro vero nome, senza vetuste e obsolete italianizzazioni (Piazza Trafalgar, Piazza del Parlamento e Stazione Vittoria) che trovano ancora spazio solo in vecchie guide turistiche di una Londra che non c’è più. Infine, vista la carica visionaria di un romanzo distopico come Il padrone del mondo, si è cercato di valorizzare la portata delle invenzioni futuristiche (e per certi versi profetiche) di Benson. Il termine euthanasia è diventato il comune “eutanasia”, mentre un termine come volor, indicante un mezzo volante a metà strada tra uno zeppelin e un ornitottero di Leonardo da Vinci, non si poteva di certo tradurre semplicemente con “aereo” o “battello volante”: si è scelto quindi di proporre il termine “alivascello”, più in linea con lo spirito fantasioso dell’originale, ed esteso di conseguenza anche agli aeroporti, immaginati da Benson come vere e proprie fermate ferroviarie e chiamati in questa traduzione “alistazioni”. Siamo convinti che questa nuova edizione potrà dare nuova vita a un testo così importante e suscitare un rinnovato interesse per esso".

Notizia dell’ultima ora: ho scoperto che, per le solite casualità del mercato editoriale, in contemporanea a questa nuova edizione Fede & Cultura, è uscita anche una nuova edizione del Padrone del mondo per la Fazi. Si sa, del romanzo ha parlato Papa Francesco, ed è quindi comprensibile che sia divenuto improvvisamente attraente (commercialmente parlando). Non ne so nulla, ma dico solo una cosa: la nostra edizione costa 4 € di meno (14 contro 18) e ha una copertina molto più bella. Per la qualità e la cura, garantisco io (per quello che può valere). E sono arcisicuro che l’edizione della Fazi non ha gli alivascelli.


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