Sant’Agostino commenta i 17 versetti del capitolo 34 del profeta Ezechiele e denuncia le colpe di un clero che è più dedito ai propri interessi che a quelli del gregge cui Cristo li ha preposti. Ne denuncia la viltà, la sensualità, la superbia, il basso interesse, la falsità, l’ipocrisia. Un bagno di umiltà per il clero e un sano antidoto al pensiero ricorrente che vorrebbe mettere i preti su un piedistallo e dar sempre loro ragione anche quando hanno chiaramente torto e sono fautori del male invece che della salvezza delle anime. Un testo di un'attualità straordinaria in un tempo in cui la Chiesa come istituzione sembra sempre più essere diventata lo zerbino dei potenti della terra. A consolazione di questa verità resta che l’unico vero pastore, l’unico che ha dato la vita per noi peccatori è Cristo. Gli altri sono solo suoi ministri che non hanno alcun potere di alterare nemmeno uno iota del Suo insegnamento e dello scopo della Sua missione.
Sant'Agostino, "Discorso sui pastori" (traduzione, curatela e prefazione di Giovanni Zenone)
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