Pubblicato su aldomariavalli.it, 26 giugno 2023.
- a cura di Gaetano Masciullo
Nel libro di mia recente pubblicazione La tiara e la loggia. La lotta della Massoneria contro la Chiesa (Fede & Cultura, 2023) asserisco che il periodo storico in cui viviamo può essere definito “periodo post-massonico” in opposizione al periodo massonico vero e proprio, o “del trionfo massonico”, come lo definisco nel testo, e che ho grosso modo datato dal 1717 – anno di fondazione della Massoneria speculativa – al 1945. Alcuni lettori sono rimasti perplessi dinanzi a questa datazione, a mio avviso male interpretando il significato filosofico-storico che questa comporta.
Il fraintendimento è dovuto, ritengo, a una mala comprensione del prefisso “post” nell’espressione “post-massonico”. Dire infatti che viviamo in un periodo post-massonico non significa dire che la Massoneria sia morta, che non sia più operativa, che non si interessi più di attività culturali, politiche o economiche. Semplicemente – come ho scritto nel testo – significa che la causa finale (ciò per cui una determinata cosa esiste, e quindi la ragion d’essere della cosa stessa) della Massoneria è stata conseguita.
Qual è stata la causa finale della Massoneria? Nella mia ricerca, delineo almeno tre direttive in tal senso: la sostituzione della cultura cattolica con una cultura di matrice gnostica; la diffusione a livello politico-economico del socialismo (che qui uso come sinonimo di statalismo); la sottrazione del potere temporale alla Chiesa cattolica, inteso come unico garante della libertas Ecclesiae di insegnare la verità, contro le incessanti tentazioni dei poteri secolari di porre se stessi come autorità morali dell’umanità. Tutte queste tre direttive, che possono essere sintetizzate in un’unica espressione latina di origine virgiliana, assai in voga nelle logge, novus ordo saeclorum (“nuovo ordine mondiale”), sono state raggiunte.
Il nuovo ordine mondiale, si badi bene, non è il globalismo: questo è solo un effetto. Chi conosce la filosofia aristotelico-tomistica sa bene distinguere nell’esame di un qualunque ente la causa formale, la causa finale e gli effetti di queste. Per esempio, se dico che la causa formale dell’uomo è la sua razionalità, seguirà che la causa finale dell’uomo non può essere ricercata lontana da quella, e in effetti la causa finale dell’uomo (ciò per cui l’uomo esiste) è la sapienza, che con il Cristianesimo assume quella dimensione particolare che prende il nome di santità. Ma dalla razionalità dell’uomo seguono alcuni effetti che pure non sono la causa finale dell’uomo: poiché questi è razionale, consegue certo che egli è l’unico animale capace di ridere, oppure l’unico capace di avere manualità, quindi l’unico capace di manipolare la natura e costruire oggetti a proprio vantaggio. Chi confonde un qualunque effetto della forma di una cosa con la causa finale della cosa è simile a un filosofo che insegna che la causa finale dell’uomo è quella di essere lavoratore, anziché di essere sapiente (esempio non casuale, quello che sto facendo, visto che nella Massoneria più volte c’è stato chi ha insegnato questa fallacia filosofica: vedi, a suo modo, Hegel). Allo stesso modo, chi pensa che il globalismo sia il nuovo ordine mondiale, cioè il fine della Massoneria, confonde l’effetto del fine con il fine stesso.
Certo la Massoneria esiste, ed è ancora operativa (in gradi differenti), sia per conservare la Rivoluzione sia per portare a termine questi effetti. Ma la causa finale della Massoneria è stata conseguita, e la Massoneria è di fatto “inutile”, nel senso che sono tantissime le istituzioni che lavorano per sviluppare gnosi e socialismo senza essere iniziate nelle logge. Ci sono altri che possono benissimo lavorare al posto dei massoni, e che sono altrettanto organizzati, se non addirittura maggiormente organizzati. Quando un ente diventa inutile perché ha raggiunto il proprio obiettivo, non è automatica la sua morte, la sua sparizione. Siamo pieni di istituzioni inutili, obsolete, eppure ancora vive. I bersaglieri e le guardie svizzere sono due esempi eclatanti.
Oggi tutte le istituzioni (scuola, università, cinema, media, ecc.) pensano come massonerie senza grembiule. Questo però non vuol dire che la Rivoluzione sia finita. L’errore che si fa molto spesso, e che potrebbe avere causato il fraintendimento che voglio qui chiarire, è quello di confondere e di far coincidere la Rivoluzione con la Massoneria, dimenticando che la Massoneria è solo uno strumento, certo il più efficace, della Rivoluzione. Come scrivo nel libro, la spada della Rivoluzione è ormai affidata ad altre entità esterne alla Massoneria, in primis alla componente modernista della Chiesa cattolica. Quando si comprende che la Rivoluzione è un fenomeno ben più grande della Massoneria, allora si capisce perché parlo di periodo massonico e periodo post-massonico. E volendo si potrebbe parlare di periodo pre-massonico, se consideriamo che la Rivoluzione è stata preparata sin dai primissimi secoli dopo Cristo con l’insorgenza delle sette gnostiche, ed è stata concimata durante il Medioevo con la nascita di tanti movimenti culturali che nella gnosi hanno visto la propria matrice (alchimia, catarismo, cabalismo), ed ha visto la prima vera vittoria con la rivoluzione luterana, secoli prima della nascita della Gran Loggia Madre di Londra.
Infatti, la Rivoluzione, che è la chiave con cui leggere il fenomeno massonico per ben comprenderlo, ha una causa finale ben diversa, che è nascosta nel nome stesso di “rivoluzione” (come insegna san Tommaso, i nomi spesso suggeriscono il fine): il capovolgimento dell’uomo nel suo rapporto con la realtà. Per questo la Rivoluzione assume direttive proprie, che sono cinque, perché cinque sono le vie con cui l’essere umano si relaziona con la realtà: religiosa, politica, economica, sociale e antropologica. L’ordine non è casuale. Come ho scritto nel libro, se pensiamo all’uomo come a una cittadella, la cinta muraria più esterna è quella della religione, mentre quella più intima è quella dell’antropologia, cioè quella che ci dice che cosa sia l’essere umano. L’assediante è partito con il distruggere il muro più esterno, il contro-rivoluzionario deve invece ricostruire a partire dal muro più interno.
Se analizziamo i momenti in cui le cinque fasi della Rivoluzione si sono avverate, vediamo che la Massoneria ha lavorato direttamente solo per una sola di queste fasi. Ora queste cinque fasi sono la rivoluzione luterana che ha agito in ambito religioso, la rivoluzione francese in ambito politico, la rivoluzione sovietica in ambito economico, la rivoluzione del sessantotto in ambito sociale, la rivoluzione del gender in ambito antropologico. La Massoneria ha agito direttamente solo per quanto riguarda la fase politica della Rivoluzione, e già meno direttamente per quanto riguarda la rivoluzione sovietica, come spiego ampiamente nel mio libro. Questo non è un caso. I massoni del Sette e Ottocento bene avevano compreso che, per distruggere l’ordine cattolico, bisognava instillare nelle menti dell’èlite politica una visione nuova del cosmo. Il fatto che massoni abbiano lavorato per rendere vittoriose la rivoluzione sovietica, la rivoluzione del sessantotto e la rivoluzione del gender non comporta che quanto detto finora sia sbagliato.
Un’ultima annotazione per rimarcare la differenza tra Rivoluzione e Massoneria, e la relazione di tipo ministeriale che quest’ultima assume nei riguardi della prima. Si consideri l’evento storico della rivoluzione italiana (o come viene più comunemente chiamata sui manuali scolatici: Risorgimento italiano). Esso è stato, dal punto di vista della Rivoluzione, un’appendice, un effetto della rivoluzione politica, cioè della rivoluzione francese. Ma dal punto di vista della Massoneria, essa è stata una priorità, perché – come si è detto – tra gli obiettivi massonici c’era la missione di privare il papa del suo legittimo potere temporale. E con la nascita dello Stato italiano, e in particolare con l’esilio del Santo Padre in Vaticano, questo obiettivo è stato raggiunto, e così facendo è stata aperta la porta infernale per fare entrare il pensiero gnostico nella teologia cattolica. I papi regnanti tra il 1870 e il 1962 hanno faticato per insegnare ai cattolici (vescovi e teologi) la necessità del potere temporale pontificio per difendere la Chiesa dall’infiltrazione modernista, ma non sono stati ascoltati, forse neanche compresi. Se il papa fosse rimasto re del Regno Pontificio, ciò che ho riportato nell’altra mia ricerca, L’ariete del modernismo, non si sarebbe mai avverato. E oggi non avremmo papa Francesco.