L'Identità recensisce "Piccolo Dizionario della Neolingua"

dottrina sociale filosofia recensioni

Pubblicato su L'Identità, 5 luglio 2023. 

- a cura di Michele Gelardi

L’indottrinamento di massa, che intende omologare i nostri paradigmi mentali sulla base del modello “politicamente corretto”, ha bisogno di un nuovo vocabolario. Il fenomeno è antico. Confucio diceva che la libertà si perde, nel momento in cui le parole perdono il loro significato originario.

Tutti i dispotismi hanno blandito l’opinione pubblica con la loro retorica, facendo ricorso a “parole d’ordine” accattivanti, che travisavano la realtà, poiché il potere arbitrario, che opprime l’uomo, può essere giustificato solo con parole arbitrarie.

Questa connessione tra il lessico di regime e il restringimento della libertà non è dunque occasionale; al contrario, è necessaria e inevitabile, al punto che si può misurare il secondo in relazione al primo. Di ciò si occupa Francesco Avanzini, nel suo libro Piccolo dizionario della neolingua.
L’autore prende in considerazione dieci parole, che formano idealmente il nuovo decalogo del politicamente corretto dei nostri tempi, sempre più somigliante a un regime. Manca ancora qualche tassello, ma siamo molto vicini alla meta; la repressione esplicita del dissenso non è ancora pienamente codificata, tuttavia non manca, né l’odierno Minculpop, capace di coinvolgere l’intero apparato culturale di sostegno, né la demonizzazione popolare e diffusa dell’opinione difforme. Il tutto realizzato mediante l’asservimento delle parole.

Il nuovo decalogo semantico si apre con la parola “gender”, la quale vuole significare che l’umanità non è divisa nel genere maschile e femminile, secondo che nel DNA sia presente il cromosoma X o Y, bensì in un numero indefinito di generi, i quali peraltro non sarebbero duraturi come quello biologico, ma seguirebbero l’incerto crinale delle inclinazioni sessuali.

Sicché, in ultima analisi, dietro la parola gender si cela una “frode delle etichette”, dal momento che il mutevole umore sessuale prende il posto del corredo genetico della persona, predefinito e immutabile.

Non meno tendenzioso e ingannevole è l’aggettivo “inclusivo”, contrapposto a “divisivo”. Con essi si vuole significare che è corretto “accogliere”, mentre è scorretto discernere e discriminare. L’ingresso in Italia degli extracomunitari deve essere consentito in ogni caso, sebbene clandestino e irregolare, perché è giusto “includere”; al contempo, è stigmatizzata come divisiva qualunque proposta di regolamentazione. E s’intende che è ugualmente divisivo il presepe natalizio o il crocefisso a scuola o la croce sulle cime alpine. Sono tutti segni della civiltà cristiana, i quali - non si capisce perché - offendono la religione islamica, mentre il simbolo della mezza luna non offende affatto il sentimento religioso degli occidentali. In generale, tutto ciò che rinvia alle radici storico-culturali che identificano l’occidente è tacciato di “divisività”, perché semplicemente l’uomo deve rinunciare alle sue origini, siano esse biologiche o culturali. Del nuovo decalogo fanno parte anche la “resilienza” e la “sostenibilità”. Dietro la prima si cela l’invito a “non disturbare il manovratore”. Perdere la libertà è poca cosa, di fronte al beneficio di essere vaccinati contro tutte le malattie presenti e future. E allora non è il caso di “rompere le scatole”; bisogna ripetere il mantra “tutto andrà bene”, da bravi cittadini resilienti. A sua volta, la “sostenibilità” sottende la grande sensibilità ecologica del manovratore, costretto suo malgrado a porre limiti alla libera iniziativa degli uomini, per il loro bene. Solo il manovratore conosce i limiti del cosmo e i destini dell’umanità. Ha capito che le emissioni di Co2 (con esclusione di quelle cinesi) ci condurranno in pochi anni al caldo torrido insopportabile, magari passando per il freddo; nonché alla siccità, magari passando per l’incremento delle piogge; pardon “bombe d’acqua”. Ha saputo calcolare quanto sviluppo la terra può sostenere e si adopera per impedire almeno lo sviluppo insostenibile, per quanto sarebbe preferibile non svilupparsi affatto e acconciarsi alla “decrescita felice”.

In sintesi, Avanzini ci fa vedere la faccia nascosta dei luoghi comuni del politicamente corretto di oggi, non molto dissimile dalla tragica utopia di ieri.


Articolo più vecchio Articolo più recente


Lascia un commento