«Nella Sindone tutto coincide perfettamente con i Vangeli»

recensioni Spiritualità storia

Pubblicato su lastampa.it il 5 giugno 2015.

a cura di Andrea Tornielli


Intervista con Emanuela Marinelli, autrice insieme a Marco Fasol di un nuovo libro sul misterioso telo, intitolato «Luce dal sepolcro»

Emanuela Marinelli, insieme a Marco Fasol, ha da poco mandato in libreria un nuovo volume intitolato «Luce dal sepolcro. Indagine sull’autenticità della Sindone e dei Vangeli» (Fede & Cultura), un'inchiesta sul telo ora esposto a Torino ma anche sulla storicità dei racconti evangelici, che in quel lino si rispecchiano. Il libro ha la prefazione del cardinale Vicario di Roma, Agostino Vallini. Vatican Insider ha intervistato l'autrice.

Nel vostro libro fate un confronto serrato tra la Sindone di Torino e il racconto dei Vangeli della passione. Che cosa emerge?

«L’Uomo della Sindone ha subito una terribile flagellazione che non era il normale preludio alla crocifissione. Una flagellazione così abbondante, inflitta come punizione a se stante, trova spiegazione solo nella doppia condanna decisa da Pilato, che in un primo tempo sperava di salvare la vita a Gesù con un solo castigo non mortale. È seguita una dolorosa coronazione con un casco di spine, fatto unico nella storia e inventato dai soldati per dileggiare il Re dei Giudei. Poi il faticoso trasporto del patibulum (la trave orizzontale della croce), le tragiche cadute lungo la strada, lo strazio dei chiodi della crocifissione conficcati nei polsi e nei piedi senza alcun sostegno, lo sfregio del colpo di lancia post-mortale. Tutto coincide perfettamente con la narrazione evangelica, anche l’avvolgimento per poche ore in una Sindone pregiata invece della sepoltura in una fossa comune, destino di tutti i crocifissi. Ne consegue che l’Uomo della Sindone può essere identificato: è Gesù di Nazareth.

Quali sono, in sintesi, le ultime acquisizioni scientifiche in merito alla Sindone di Torino e alla formazione dell'immagine impressa sul telo?

«Per verificare l'antichità della Sindone, nel 2013 presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova sono state condotte tre nuove analisi che datano la reliquia all’epoca di Cristo. La datazione tramite analisi spettroscopica vibrazionale Ft-Ir (dall’inglese Trasformata di Fourier all’InfraRosso) è risultata del 300 a.C. ±400 anni al livello di confidenza del 95%. L’analisi vibrazionale Raman ha fornito come datazione del Telo il valore di 200 a.C. ±500 anni, sempre al livello di confidenza del 95%. Il terzo metodo di datazione è meccanico e per applicarlo è stata appositamente progettata e costruita una macchina di trazione per fibre tessili vegetali. Cinque proprietà meccaniche delle fibre variano in modo biunivoco con il tempo. La datazione meccanica multiparametrica ottenuta su questi cinque parametri significativi, combinati tra loro, ha portato a un’età della Sindone del 400 d.C. ±400 anni al livello di confidenza del 95%. La media dei valori risultanti dalle due datazioni chimiche e da quella meccanica fornisce la data più probabile della Sindone del 33 a.C. ±250 anni al livello di confidenza del 95%. Il mistero più difficile da risolvere, però, è quello dell’origine dell’immagine umana. È certo che il lenzuolo ha avvolto un cadavere, ma è altrettanto certo che quel cadavere non è rimasto a putrefarsi nel lenzuolo. Inoltre – fatto unico e inspiegabile - ci ha lasciata impressa una specie di fotografia di se stesso. L’immagine è una disidratazione e ossidazione della stoffa, senza sostanze di apporto. La colorazione, estremamente superficiale, penetra solo per 200 nanometri nelle fibrille. Nel corso degli ultimi decenni si sono tentate molte strade per spiegare l’immagine sindonica con le sue particolari caratteristiche. In modo particolare, la superficialità dell’immagine e la sua assenza sotto le macchie di sangue hanno privilegiato l’ipotesi che una esplosione di luce potesse essere alla sua origine. Molte prove sperimentali sono state fatte a questo scopo con vari tipi di laser, ma solo ultimamente l’utilizzo di laser a eccimeri potenti e con impulsi di breve durata hanno dato risultati interessanti. Infatti, con laser a eccimeri che emettono nell’ultravioletto si è ottenuta una colorazione giallina, compatibile con le immagini sindoniche e le loro caratteristiche. Ma penso che non sapremo mai come un cadavere abbia potuto formare un’immagine che si può spiegare solo con un’esplosione di luce…».

Mentre è evidente l'importanza del legame tra l'immagine sindonica e il racconto evangelico, non le sembra rischioso affermare che la Sindone «conferma» i Vangeli?

«Non è rischioso, è doveroso, perché troppo spesso è stata messa in dubbio l’attendibilità dei racconti evangelici tentando di farli passare per allegorie, per narrazioni simboliche. Un esempio per tutti: il “sangue e acqua” che Giovanni vede uscire dalla ferita del costato. La Sindone conferma che da quello squarcio uscì sangue già parzialmente raggrumato e siero separato. Giovanni dunque ha davvero visto quello che descrive».

Come spiega la datazione medioevale emersa dall'esame al carbonio 14?

«In base all’analisi con il metodo del radiocarbonio, la Sindone risalirebbe al medioevo, a un periodo compreso tra il 1260 e il 1390 d.C. Numerose obiezioni sono state però mosse al risultato di questo test da parte di vari scienziati, che ritengono insoddisfacenti le modalità dell'operazione di prelievo e l'attendibilità del metodo per tessuti che hanno subito vicissitudini come quelle della Sindone. In particolare, nell’angolo da cui fu fatto il prelievo è presente cotone, prova di un rammendo da parte della suore clarisse di Chambéry dopo il terribile incendio che aveva danneggiato gravemente il lenzuolo nel 1532. Su questo argomento mi permetto di suggerire la lettura di un mio specifico articolo: http://www.sindone.info/VALENC-1.PDF».

Perché secondo lei la Sindone continua ad affascinare e attirare milioni di persone?

«Perché la Sindone è un Vangelo scritto con il sangue stesso di Cristo e contemplare le sue piaghe, meditare sul suo amore per noi, non può lasciare indifferenti. È l’amore più grande, lo ricorda il motto stesso dell’Ostensione di quest’anno. Tutte le nostre sofferenze, tutti i nostri dolori sono spiegati e sublimati nelle sofferenze e nei dolori di Gesù, liberamente e volontariamente accettati per la nostra salvezza. È il mistero del nostro destino, che è un destino di amore. È questo che dà senso alla nostra vita».


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