Pubblicato su pierovassallo.blogspot.com il 15 maggio 2015.
a cura di Piero Vassallo
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Recita un antico proverbio portoghese: i sassi scagliati dagli increduli contro il cielo, presto o tardi, cadono sulle teste dei lanciatori.
La legge che governa la beffarda caduta delle pietre ateiste sui lanciatori non ha risparmiato gli incauti avversari delle verità impresse nella Sindone e narrate dai libri sacri.
Un esemplare pietra di ritorno è caduta, ad esempio, sulla premiata (dall'American Chemical Society) testa (quasi) ovale del compianto Walter C. McCrone, il quale opinava che la Sindone fosse un acquarello prodotto da un (pio?) falsario del XIV secolo. L'opinione di McCrone è condivisa e strobazzata in Italia dal matematico Piergiorgio Odifreddi e dal giornalista Corrado Augias.
I ricercatori Lynn Picknett, Clive Prince, Vittoria Hazel e Irene Cogiart sostengono addirittura che la Sindone fu opera di Leonardo da Vinci, cioè di un illustre falsario, nato un secolo prima della consegna ai Savoia del sacro lino. I fantasiosi demistificatori ora sostengono che Leonardo (cento anni prima di nascere!) avrebbe inventato una forma di fotografia per imprimere l'immagine negativa su un telo tessuto da suoi contemporanei, ora che avrebbe usato la pirografia elettrica, un mezzo non disponibile nel secolo XV.
Il sudafricano Nicholas Allen sostiene che l'immagine della Sindone si può realizzare in laboratorio esponendo alla luce solare una lente al quarzo filtrata attraverso il nitrato d'argento.
I grotteschi/surreali risultati ottenuti dai demistificatori della Sindone sono ora esaminati da Emanuela Marinelli e Marco Fasol, autori di un intrigante/esauriente saggio, Luce dal sepolcro, edito in questi giorni dalla veronese Fede & Cultura.
L'avversa, fatale parabole delle pietre, scagliate contro la sacra sindone dai banditori di un ateismo eccitato da candidi sguardi nel bifido microscopio, hanno infatti provocato risposte rigorosamente scientifiche, che confermano la fede nella morte e resurrezione di Gesù.
Contro i demistificatori sta la certezza sull'origine della Sindone: "la manifattura della stoffa e tutte le microtraccce rinvenute sulla reliquia (pollini mediorientali, aloe e mirra, aragonite) ne collocano l'origine nella Palestina dell'epoca di Cristo".
Il prof. Giuseppe Baldacchini, fisico dell'Enea, al proposito ha scritto: "Con una serie di ragionamenti logici e di fatti sperimentali e storici è possibile dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la Sindone è stata realmente il lenzuolo funebre utilizzato per coprire il cadavere di Gesù Cristo circa 2000 anni fa, dopo essere stato flagellato e crocifisso in Gerusalemme, come è stato descritto nei Vangeli".
D'altra parte si rammenta che papa Silvestro I (314-335) "dispose che la Santa Messa fosse celebrata su un lino bianco, consacrato dal vescovo, in ricordo di quello in cui fu avvolto il Signore". Tale prescrizione dimostra che l'esistenza della Sindone era conosciuta nell'antichità e finalmente smentisce le fantasiose ipotesi intorno ai falsari medievali.
La seconda parte del saggio in questione è dedicata a ristabilire la verità sulla datazione dei testi canonici, che fu alterata dai modernisti al seguito delle loro infondate e fumose ipotesi sulla tarda e immaginaria e sentimentale composizione dei Vangeli.
Opportunamente gli autori accreditano la ricostruzione, compiuta nel 1972 dal papirologo José O'Callaghan del del Papiro 7Q5 un minuscolo frammento, risale al 50 dopo Cristo, contiene solo 11 lettere alfabetiche complete e altre 8 parziali. Il frammento in questione fu scoperto nel 1955 nella grotta settima di Qumran chiusa nel 68 d. C. e attribuito al Vangelo di Marco, 6, 52-53. La conclusione di O'Callaghan fu contestata e irrisa da una folla di atei e di cristiani modernizzanti. Per stabilire con certezza l'origine di tale frammento l'Università Irvine della California ha informatizzato le opere della letteratura greca, per un complesso di 91 milioni di parole: "il risultato di tale indagine fu che il papiro 7Q5 risultava compatibile solo con il testo di Matteo 6,52-53".
A conferma di tale datazione gli autori citano una lettera di San Paolo, I Cor., 15, 1-8, e rammentano che "Paolo la fa risalire al tempo della sua conversione, avvenuta nel 36. Avessimo anche solo questo brano, potremmo difendere l'attendibilità delle apparizioni del Risorto".
Interessante è infine la dimostrazione della abissale differenza che corre tra i Vangeli canonici e quei vangeli apocrifi, in special modo quel Vangelo di Tommaso, che ha ispirato l'autore del romanzo Codice da Vinci. Infatti "le parole dell'autore che si spaccia per l'apostolo Tommaso derivano dalla filosofia neoplatonica e gnostica, che svaluta il corpo e la procreazione".
Va da sé che le conferme circa la verità di alcuni importanti fatti storici non scioglie il mistero sull'unità e la trinità del Dio che si è fatto uomo ed è morto in croce per la nostra salvezza. La fede non può essere surrogata da prove marginali quantunque straordinarie. Le certezze intorno al mistero della sacra Sindone sono tuttavia necessarie allo smantellamento dell'edificio di chiacchiere elevato, per confondere i fedeli, da atei in corsa sulla pista dei loro aridi pregiudizi.