Come i reami degli Elfi, anche la Contea sembra possedere una sorta di atemporalità: i ritmi di vita dei suoi abitanti, gli Hobbit, sembrano scanditi dalle pause per il cibo e il nutrimento piuttosto che dai ritmi del lavoro e della vita meccanizzata. Tuttavia, le cose restano ben distinte: gli Elfi sono infatti immortali, mentre gli Hobbit sono in tutto e per tutto uomini. Anche il tempo è dunque connaturato alle varie razze immaginate da Tolkien nel suo Mondo Secondario e porta con sé una valenza trascendente difficile da dimenticare.
Nei reami elfici di Lothlórien e Valforra il tempo trascorre in maniera strana, diversa dal resto del mondo: gli elfi vivono in una sorta di "atemporalità" perfettamente descritta dai dettagli spaziali. A Valforra si preserva il ricordo, a Lórien passato e presente sono inestricabilmente mescolati. Da qui deriva il dramma degli elfi, che vogliono preservare la natura che deperisce e sottrarla con la loro Arte al divenire storico.
Che collegamenti si possono fare tra l'Oppenheimer messo in scena dal film di Nolan e "Il Signore degli Anelli"? Come si coniuga l'Anello di Sauron alla bomba atomica?
Il libro "Paesaggi della Terra di Mezzo", a cura di Roberto Arduini e Cecilia Barella e pubblicato da Eterea Edizioni, riflette sull'importanza della natura all'interno dell'opera di Tolkien, sul suo ruolo e sulla sua indipendenza, come se si trattasse di un vero personaggio.
Sebbene Tolkien descriva gli Hobbit come scalzi, lui stesso ha ritratto per ben due volte Bilbo Baggins con addosso degli stivali neri. Lo si può vedere molto bene nell'illustrazione che accompagna il capitolo "Strani alloggi" de "Lo Hobbit", dove Bilbo viene ritratto al risveglio accanto a un'aquila.