Pubblicato su lanuovabq.it, 15 settembre 2020.
- a cura di Rino Cammilleri
Maximiliano Cattaneo ha appena pubblicato un ponderoso romanzo per Fede & Cultura, "Il calzolaio di Finisterre", dimostrando una conoscenza della storia della persecuzione cattolica della Seconda Repubblica spagnola notevole. Il racconto vale la pena, oltre che per la sua bellezza, perché è uno dei pochi scritti dalla parte delle vittime.
Nell’aprile del 1931 la Seconda Repubblica spagnola esordisce con l’incendio di centinaia di chiese e conventi in tutto il Paese allo scopo di cercare le armi nascoste dai preti. Armi, naturalmente, non se ne trovano, ma fa niente, l’importante è inaugurare una prassi che porterà, dopo la fine della successiva guerra civile, alla scomparsa per distruzione di oltre il settanta per cento del patrimonio artistico, culturale e religioso (in Spagna è lo stesso) nazionale. Oltre alla ben nota mattanza di vescovi, preti, suore, seminaristi e laici dell’Azione cattolica.
Donde tanto odio e tanta inutile rovina? Mah, forse l’unico che ha le risposte è l’esorcista. Ma sul disastro spagnolo nella prima parte del XX secolo la letteratura è ormai sterminata, anche quella più propriamente narrativa. Il fatto è, però, che se in questo campo si sono cimentati anche calibri come Hemigway e Orwell, a coprire l’altro lato della barricata non c’è praticamente niente. I cattolici, in particolare, principali vittime di quel che successe tra il 1931 e il 1939, hanno prodotto quasi solo saggistica.
Ebbene, adesso hanno un esordiente, Maximiliano Cattaneo, che ha appena pubblicato un ponderoso romanzo per Fede & Cultura, Il calzolaio di Finisterre (pp. 670, €. 23,75). L’autore dimostra una conoscenza di dettaglio della storia spicciola di quei giorni davvero notevole. E anche una minuziosa conoscenza dei luoghi per esserci stato. E’ vero, Salgari ha mostrato che si possono fare capolavori esotici senza mai essere usciti dalla propria biblioteca. Ma le ricognizioni in loco sono meglio, anche per la miniera di ulteriori spunti che se ne può trarre.
La storia narrata da Cattaneo è complessa e non si può riassumere, neppure brevemente. Copre l’arco di dieci anni, dieci anni di fuoco (è il caso di dirlo) per la Spagna. Il protagonista diventa Calzolaio (con la maiuscola) perché il padre è un magnate internazionale del settore calzaturiero. Morta la madre, cui era attaccatissimo, muore in lui anche la fede religiosa. Segue dunque le sirene del potere e della ricchezza, a Madrid, Londra, New York, mentre alle sue spalle le cose deflagrano coinvolgendo anche le sue amicizie d’infanzia, il suo ex direttore spirituale, la sua fidanzata di una volta. I campi si dividono e anche i suoi vecchi amici. Chi va con i massoni, chi con i socialisti, chi con gli anarchici, chi con Franco. Il quale, quasi trascinato dagli eventi che sempre più precipitano, dopo l’assassinio ad opera di agenti delle Guardie de Asalto e della Guardia Civíl di José Calvo Sotelo, il leader monarchico dell’opposizione, decide di aderire al pronunciamiento militare organizzato dal generale Mola nella Navarra, la regione dei carlisti (i cattolici legittimisti che nel secolo precedente avevano combattuto ben tre guerre contro i liberali e ora si preparavano alla quarta).
Il protagonista, la cui piccola storia è coinvolta suo malgrado nella storia grande, si ritrova a Finisterre, l’estremo punto occidentale del Paese (come il suo nome, latino, mostra) a fare davvero il calzolaio, adesso con la minuscola, per vivere con la sua antica fiamma che gli ha dato un figlio. Incontra il generalísimo e gli chiede clemenza per un suo vecchio compagno che, responsabile di omicidi rojos e pentito, si è costituito per espiare. Ma ci pensa un anarchico a saldare i conti, perché i comunisti avevano fatto pulizia ideologica anche di quelli che erano più a sinistra di loro. Infine, un romanzo d’autore cattolico non sarebbe tale se non avesse, come Manzoni insegna, un happy end. Che, ovviamente, non riveliamo.