Il ritorno di Benson

narrativa recensioni

Pubblicato su Quaerere Deum, semestrale 1/2012 pp. 126-128.

- a cura di Gianandrea de Antonellis

Nonostante sia il romanzo più famoso di Benson, Il padrone del mondo è di difficile reperibilità (l’ultima sua edizione, pub-blicata da Jaca Book, è ormai esaurita). Ben giunge quindi la riproposizione di questo capolavoro della letteratura cristiana del XX secolo, anche perché le edizioni Fede & Cultura lo affiancano alla seconda parte dell’ideale dilogia, L’alba di tutto, che per la prima volta viene pubblicata in Italia.
Immaginiamo un mondo in cui si predichi tolleranza,
umanitarismo, abbattimento di tutte le barriere religiose e sociali, ma in cui ad essere esclusa da tale tolleranza sia la Chiesa Cattolica (un po’ come avvenne in Inghilterra, patria di Benson, al tempo di Elisabetta I) ed in cui si cerchi di distruggerla completamente (un sogno caro a molti). Questo lo scenario in cui si svolge Il padrone del mondo, considerato il volume di “christian fiction” più venduto della storia, un’opera capitale ammirata da molti, se pensiamo che uno dei più bei thriller recenti, Il nemico di Michael O’Brien, si ispira esplicitamente ad esso e che nella sua introduzione alla presente edizione mons. Luigi Negri, Vescovo di San Marino-Montefeltro, confessa che la lettura del romanzo fu un evento importante non solo della sua formazione spirituale, ma anche di quella di Benedetto XVI.
È davvero sconvolgente la capacità di prevedere alcuni scenari politici – che si stanno avverando – da parte di un autore che scandalizzò il mondo anglicano quando decise di convertirsi al cattolicesimo (proprio lui che era figlio dell’arcivescovo di Canterbury, il primate d’Inghilterra!) ed iniziò a combattere la buona battaglia anche attraverso la narrativa esordendo con due importanti romanzi sulla persecuzione subita dai cattolici sotto i puritani: Con quale autorità? e Vieni ruota! Vieni forca! (il primo pubblicato da Rizzoli, il secondo scaricabile dal sito Totustuus.it).
Dopo aver inorridito nel 1907 i lettori con la profezia di un mondo completamente scristianizzato (soprattutto a causa della sua debolezza interna, dovuta al relativismo), Benson nel 1911 scrisse un altro romanzo di fantapolitica in cui proponeva uno scenario completamente diverso: e se dopo “l’inutile strage” della prima guerra mondiale il mondo si rendesse conto che l’unica filosofia capace di risolvere i problemi del mondo fosse quella cristiana? Se si capisse che socialismo e comunismo sono mere utopie capaci di portare soltanto povertà e morte? Se la democrazia venisse riconosciuta come una dottrina falsa, che cozza contro la verità e venisse accantonata per far posto ad una aristocrazia ispirata dalla fede? Se il Papa venisse universalmente riconosciuto come il Vicario di Cristo ed il mediatore tra i popoli della terra?
Il protagonista, un anziano ex prete “arrabbiato” che sta lavorando ad una laicista Storia dei Papi, perde la coscienza e si “risveglia” sessantacinque anni dopo, nel 1975, nei panni di un alto prelato inglese, in una Londra tornata ad abbracciare il cattolicesimo. L’abbazia di Westminster è stata restituita ai benedettini, le numerose statue dei grandi che ne occupavano le nicchie sono spostate nella basilica di San Paolo (per contrappasso degradata a museo), per cui l’antico aspetto monastico è pienamente ristabilito; la Francia ha abbandonato la repubblica per richiamare un re; il monarca italiano è un suddito devoto del Papa. I problemi maggiori vengono dal socialismo nazionalista tedesco (e il libro è stato scritto nel 1911, ricordiamolo!) e culmineranno quando il Kaiser deciderà di abbandonare il luteranesimo ed il conseguente agnosticismo per diventare cattolico ed introdurre restrizioni di culto anche nel suo Paese. Tutti i socialisti, che nei decenni precedenti si erano rifugiati in Germania, insorgono e minacciano una nuova, cruenta guerra, resa terribile dalle nuove armi sofisticate, capaci di distruggere una città in un solo colpo.
Il finale del romanzo è ricco di colpi di scena e la visione di Benson ha del profetico anche in questa sua altra opera: non solo dal punto di vista delle tecniche futuribili (schermi giganti per diffondere le notizie, aeromobili, l’uso della psicologia cristiana per affrontare le malattie della psiche – altro che psicologia freudiana! –, bombe atomiche, etc.), ma soprattutto dei movimenti politici e culturali; viene prefigurato il grave problema del socialismo tedesco, il fallimento del sistema democratico, addirittura si parla di un Concilio Ecumenico tenuto nel 1960, in questo caso, ottimisticamente, per valutare i rapporti tra scienza e fede, superando ogni contrasto tra di esse.
Il punto di vista del narratore, che segue, ricordiamo, le vicende di un ex prete laicista “sbalzato” dall’inizio alla fine del XX secolo, permette una continua critica alle istituzioni del nuovo impero cristiano – rectius, cattolico –, critica che viene di volta in volta smontata dalla precisa analisi dell’autore.
E l’epilogo è degno della penna di questo grande apologeta inglese: lo storico, l’ex prete ossessionato dall’idea di non terminare la sua caustica storia dei papi, si risveglia (nel 1911) nel suo letto d’ospedale dal quale era stato “proiettato” nel futuro e chiede immediatamente il viatico che tanto tenacemente aveva in precedenza rifiutato, riconoscendo anch’egli di aver sbagliato ad allontanarsi dagli insegnamenti della Chiesa. “Questo è medioevo!”, aveva esclamato a suo tempo, attonito di fronte al grande potere della religione, sentendosi rispondere: “Certo, medioevo: vale a dire natura umana con fede e reverenza, e senza ipocrisia”.
Ottima dunque l’iniziativa di Fede & Cultura di riproporre – tra l’altro con un’accattivante veste grafica – queste due opere che meritano di viaggiare in parallelo.


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