Pubblicato su imgpress.it il 20 agosto 2012.
a cura di Domenico Bonvenga
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Tra gli argomenti più scomodi da trattare sicuramente c’è quello del mistero del male. Il 16 marzo dell’anno scorso durante una trasmissione a Radio Maria, il professore Roberto De Mattei, svolgeva una riflessione teologica e spirituale sul mistero del male, prendendo spunto dell’allora recente terremoto-maremoto che aveva colpito il nord del Giappone e dall’assassinio del ministro pakistano Shahbaz Bhatti. Qualche giorno dopo per iniziativa dell’UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti) partiva una campagna di aggressione mediatica, amplificata nelle settimane successive, dai principali organi di stampa italiana. L’obiettivo era di screditare ogni cattolico che osi ricordare pubblicamente le verità “scomode” della nostra fede. Si arrivò, addirittura a raccogliere firme per chiedere le dimissioni del prof De Mattei da vice-presidente del CNR, a causa di una presunta incompatibilità tra le sue affermazioni e il suo ruolo nel maggior ente di ricerca scientifica in Italia. Il professore De Mattei veniva attaccato (anche da parte cattolica) per i suoi giudizi sul castigo divino e trascurando completamente la questione delle persecuzioni dei cristiani nel mondo. Riprendo l’argomento dopo aver letto l’agile libretto edito dalla casa editrice Fede & Cultura di Verona, Il Mistero del male e i castighi di Dio (93 pp., e. 10,00) Pertanto di fronte al terremoto e all’assassinio di Bhatti, De Mattei cerca di rispondere al mistero del dolore e del male nel mondo:“In entrambi i casi ci troviamo di fronte al problema del dolore e del male. Ma con una fondamentale differenza: La sofferenza che consegue alle catastrofi naturali, come in Giappone, è indipendente dalla volontà dell’uomo, costui la subisce non la sceglie”. Mentre le sofferenze di chi viene perseguitato sono danni fisici, voluti da altri uomini, sono atti terroristici deliberati, catalogabili come male morale. Il prof De Mattei ricorda che di fronte alle persecuzioni, oggi c’è la tendenza ad assuefarsi e vengono considerati quasi come “(…)eventi naturali ineluttabili e, al contrario, quando accadono le catastrofi naturali se ne rifiuta l’imponderabilità cercando sempre i responsabili, rifiutando l’idea che qualche cosa possa sfuggire al controllo dell’uomo”. De Mattei riferendosi ai terribili terremoti di Lisbona del 1755 e a quello di Messina del 1908, afferma che a volte “la grandezza della Divina Provvidenza si manifesta soprattutto nella capacità di Dio di trarre del bene dal male fisico e morale dell’universo, quel male che egli non causa, ma che permette per un fine superiore”. Certo chi nega Dio, come gli atei e i laicisti militanti, ma anche quelli che vivono un ateismo pratico, certi cristiani tiepidi, non possono capire il ragionamento di de Mattei, ma attenzione De Mattei, ha ricordato ciò che le Sacre Scritture e la Chiesa hanno sempre detto. E visto che scrivo con vista sullo Stretto, faccio riferimento alle citazioni del professore a Radio Maria riguardanti il terremoto del 28 dicembre a Messina.
La prima è di monsignore Orazio Mazzella (1860-1939), arcivescovo di Rossano Calabro, all’indomani della tragedia fece una serie di riflessioni. “Le grandi catastrofi sono la voce di Dio, che ci sveglia dal sonno letale, e ci fa pensare alla patria lontana(…)”. Monsignor Mazzella scrive che varie sono le ragioni per cui Dio può permettere le catastrofi. In primo luogo esse ci distaccano dalla vita terrena e ci richiamano col pensiero al fine ultimo della nostra vita, che è immortale. In secondo luogo esse possono essere un castigo che ci purifica dalle nostre colpe individuali o collettive. “Fu il terremoto di Messina un castigo di Dio? Chi potrebbe dirlo?” Commenta monsignor Mazzella. “E’ possibile fare delle congetture, non è possibile affermare alcuna cosa con certezza. Intanto per noi, al nostro scopo, basta la sicurezza, che le catastrofi possono essere, e talora sono esigenza della giustizia di Dio”. Addirittura monsignor Mazzella scrive che il terremoto può essere stato un battesimo di sofferenza che ha toccato il cuore di molte vittime, unendole a Dio. Naturalmente non si intende compiacersi per le sofferenze, ma al contrario, nelle parole del vescovo si cerca di consolare gli uomini e le donne colpite dal dolore. “Sapere che i miei dolori sono ordinati ad un fine superiore è certamente più consolante di sapere che sono frutto delle cieche forze del caso”. La parola castigo nella Bibbia, Antico e Nuovo Testamento appare in 73 versetti e, al plurale, in 18 versetti. Dio purifica o ‘castiga’ l’uomo, – scrive Cristina Siccardi – come avvenne con le dieci piaghe d’Egitto, oppure a Sodoma e Gomorra, attraverso le conseguenze funeste del peccato. Tra le preghiere che i cristiani recitano c’è l’atto di dolore, dove si afferma: “Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perchè peccando ho meritato i Vostri castighi”.
Del resto l’aspetto misericordioso di Dio non si scontra minimamente con quello di Giustizia, “anzi, il castigo è un atto di misericordia di Dio che vuole la nostra salvezza, a tutti i costi, non una vendetta per il nostro comportamento”. Inoltre la stessa Madonna a La Salette (1846) e a Fatima (1917), ha ampiamente parlato di castighi che si sarebbero verificati se non ci fosse stata la conversione. Le altre due citazioni del professore de Mattei a sostegno della sua tesi, sono quelle di don Luigi Orione e padre Annibale di Francia, due sacerdoti poi canonizzati dalla Chiesa, che tra l’altro, furono tra quelli che si prodigarono per aiutare le vittime del terremoto. “Questi due sacerdoti, che nessuno oserebbe accusare di mancanza di cuore e di carità, erano convinti che il terremoto di Messina fosse stato un castigo divino”. Sant’Annibale Maria di Francia in una predica di qualche anno prima del terremoto a Messina così si esprimeva: “Senza mezzi termini, senza reticenze e timori, io vi dico, o miei concittadini, che Messina è sotto la minaccia dei castighi di Dio: essa non è meno colpevole di tante altre città del mondo che sono state distrutte dal fuoco o dalle guerre o dai terremoti: deve dunque aspettarsi da un momento all’altro di subire anch’essa la stessa sorte…Ecco il terribile argomento del mio lacrimevole discorso. Io comincio a farvi una enumerazione di tutti quei motivi pei quali i castighi del Signore su questa città appariscono alla mia atterrita fantasia quasi inevitabili”. Poi il discorso di Sant’Annibale si fa più dettagliato, con un elenco dei peccati che commettono i messinesi: omicidi, furti, usura, cattiva stampa, insegnamento ateo, superstizioni, spiritismo, ecc. Tutti peccati che gridano al Signore: “Signore, affrettati punisci!” Il sacerdote conclude dicendo che il terremoto è un gran missionario, perchè apporta una conversione generale. Sono parole troppo dure? Prive di carità e di pietà? Si domanda De Mattei. Intanto “queste sono le parole di un uomo che dedicò la sua vita ai poveri e agli afflitti, l’uomo più santo che viveva a Messina, tanto che don Orione, scavando tra le rovine, ripeteva una frase rimasta nella memoria collettiva: ‘ma voi sapete quale grande santo avete in Messina?”
Sono parole dure, è il linguaggio dei santi, rifiutato dai tiepidi, dai pavidi, da coloro che rifiutano il Dio giusto e non si rendono conto che con ciò rifiutano anche il Dio misericordioso. In conclusione leggo dal libro edito da Fede & Cultura che nella mattinata del 27 dicembre 1908 erano apparse nella città di Messina, strisce con la scritta: “Gesù Cristo non è mai esistito”. Mentre la sera, dopo un pubblico dibattito, si svolgeva una processione blasfema, che giunta fino alla spiaggia, i manifestanti buttavano a mare, tra lazzi e oscenità, un crocifisso. Intanto il circolo Giordano Bruno, si riuniva per decretare la distruzione della religione a Messina.