“Stato di emergenza”: la pandemia e i nuovi totalitarismi secondo Aldo Maria Valli

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Pubblicato su Radio Spada, 23 luglio 2023.

- a cura di Luca Fumagalli

Fresco di stampa, Stato di emergenza, il nuovo saggio di Aldo Maria Valli targato Fede & Cultura, prende le mosse da una disamina lucida e disincantata di quelli che sono stati i famigerati mesi della pandemia da Covid-19 – caratterizzati da chiusure, allarmismi, distanziamenti e passaporti vaccinali – per riflettere poi, come l’autore ha già fatto sul suo blog, Duc in altum, sul concetto di libertà e sul preoccupante emergere di un nuovo totalitarismo basato sulla manipolazione della paura e sulla continua gestione delle emergenze, un regime che rende suoi complici anche le vittime. Difatti quanto vissuto ha dimostrato come sia facile, in presenza di una dichiarata necessità di tipo sanitario, togliere di mezzo le fondamentali garanzie costituzionali, limitare le libertà per decreto e introdurre un regime di fatto autoritario perché salta a piè pari ogni principio tipico di una democrazia liberale.

Del potere, sottolinea Valli, occorre diffidare come dalla peste, e così da chi lo esercita. Perché il potere corrompe chiunque ne dispone, e non ci sono eccezioni. Ernst Jünger ne parlava nel suo Il trattato del ribelle, uno straordinario manifesto della disobbedienza civile; quest’ultima, a volte, non solo è ammessa ma è necessaria. E accanto alla disobbedienza civile ecco l’obiezione di coscienza, la quale per il legislatore ordinario non è un’eventualità, bensì un obbligo di carattere costituzionale. Questo è pure il motivo per cui i padroni del pensiero puntano dritti sulle menti e sui cuori, per svuotare interiormente le persone così da assicurarsi il potere (non a caso sono state numerosissime le bugie messe in circolo dai media asserviti al potere sul conto del Covid-19 e, paradossalmente, più la si sparava grossa e più gli italiani abboccavano).

Per opporsi a un simile nuovo leviatano, dato che anche la “Chiesa bergogliana” sembra in qualche modo esserne complice, potrebbe venir buona l’idea di Havel e Benda, due dei leader del dissenso anticomunista in Cecoslovacchia, che al tempo parlavano dell’esigenza di costruire una “polis parallela” contro quel degrado morale diffuso che determina la perdita di significato delle nozioni di bene e di male. Bisognerebbe allora creare strutture della società civile indipendenti dal potere costituito, capaci, anche se in misura limitata, di svolgere una funzione utile per tutti. La “polis parallela” è dunque una comunità (non un semplice insieme di base burocratica) dotata di legami morali, ed è informata e responsabile, in grado di riabilitare valori come la fiducia, l’amore, la solidarietà… dando loro anche un’espressione politica.

Si tratta di una questione urgente, anche perché la crisi pandemica, oltre a dimostrare l’insensatezza di suddividere gli schieramenti politici in senso orizzontale – non troppo dissimili tra loro quando c’è da raccattare voti e facili consensi – ha svelato come la gente, sotto la pressione di circostanze eccezionali, sia purtroppo incline a rifugiarsi irrazionalmente nelle narrazioni ufficiali. E purtroppo davanti a alla cecità diffusa le argomentazioni fondate sulla ragione non hanno nessuna importanza.

Stato di emergenza si chiude allora con un appello a essere sentinelle, a far sentire le voci del dissenso prima che si arrivi a un punto di non ritorno, senza timore di contraddire il nuovo dogma del politcally correct. Forse non tutte le persone si risveglieranno dall’inganno, ma almeno l’ipnosi non potrà mai dirsi completa. 


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