I Númenoreani e i loro re sono il peggior esempio di una cattiva relazione degli Uomini con la morte: i loro re, infatti, avevano la capacità di scegliere il momento in cui morire, ma poi l'hanno perduta per il desiderio di restare attaccati alla vita oltre il dovuto. In questo modo non accettano il "dono di Ilúvatar", la morte, come invece aveva fatto Elros, il loro capostipite, e come invece fa Aragorn alla fine del "Signore degli Anelli". Insieme alla non accettazione della morte arriva la corruzione e la caduta.
Più che un ragionamento sul potere, "Il Signore degli Anelli" riflette una profonda meditazione sul tema della morte e dell'immortalità in relazione a Uomini ed Elfi, creati diversi per esplicita volontà di Eru/Ilúvatar. La morte data agli Uomini è un dono, che permette loro di essere liberi e di tendere oltre i confini del mondo, ma gli Uomini non lo capiscono e la interpretano come una maledizione forse dovuta a un loro peccato: cercano quindi di scappare da questa realtà, trovando dei rimedi e dei succedanei.
I Púkel sono statue di strani uomini del passato di cui non si conosce l'origine: i Rohirrim le ignorano, mentre Marry ne ricava sensazioni di pietà e malinconia. Più avanti sembrano prendere vita nei Drúedain di Ghân-buri-Ghân, e dimostrano che sarebbe meglio conservare la memoria del passato per evitare di cedere all'idea della gloria imperitura e invece ricordarsi che anche i piccoli possono cambiare le sorti del mondo.
Pur con delle differenze estetiche, la magia di J.K. Rowling e J.R.R. Tolkien non è poi cos' diversa: in entrambi i casi, nella saga di Harry Potter e nel "Signore degli Anelli", si configura infatti come enunciato performativo, una formula che viene pronunciata in una determinata situazione e si trasforma in un atto.
Nel 1966, Tolkien scrisse una lettera a un uomo di nome John Bush esprimendogli scarso apprezzamento nei confronti del romanzo "Dune" di Frank Hebert, ma senza spiegare il perché. Possiamo dunque provare a speculare sulle ragioni di ciò, mettendo a confronto il modo in cui i due autori intendono l'ambientazione, la scienza, la religione e il potere.