Un vecchio proverbio ammonisce di scherzare con i fanti, ma di lasciar stare i santi. E un altro adagio popolare diffusosi durante il Risorgimento, mette in guardia dagli "scherzi da prete"...
È possibile immaginare un Papa che sbotta usando "parolacce" di vario genere, mutuate da dialetti e modi di dire popolareschi, e si esprime a tratti «come un carrettiere»?
Anche i nostri paesi e città umbri si presentano così. E’ merito di quella tradizione avviata da Francesco d’Assisi a Greccio, che poi è diventata anche gusto del paesaggio. Il presepe, nel suo duplice significato di "mangiatoia, greppia" e, letteralmente, di "luogo che ha davanti un recinto", non è chiuso; è aperto dai poveri (come quella famiglia di Nazareth per cui non c’era posto a Betlemme) ai pastori e ai più lontani, i sapienti Magi...
Il calzolaio di Finisterre, pur partendo dichiaratamente da un intento educativo, conscio come è l’autore delle colpevoli manchevolezze (ovvero: falsificazioni) nella descrizione della guerra civile spagnola nella scuola degli Italiani, riesce ad essere non un saggio romanzato, bensì un romanzo vero e proprio, dotato di una trama autonoma (in cui un posto importante occupa il complesso rapporto tra il protagonista eponimo e suo padre), che però si lega strettamente alle vicende storiche spagnole.
Il Signore ha colorato la sua parola di bellezze svariate, perché coloro che la scrutano possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella sua parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una ricchezza in ciò che contempla (Dai «Commenti sul Diatessaron» di sant’Efrem, diacono)