Luca Fumagalli recensisce: "L'Ariete del Modernismo"

recensioni storia

Pubblicato su Radio Spada, 8 maggio 2022.

- a cura di Luca Fumagalli

Nel 1987 la casa editrice Sugarco diede alle stampe la traduzione italiana di The Jesuits, un saggio dell’ex sacerdote gesuita statunitense Malachi Martin, all’epoca destinato a fare scalpore. L’opera, che conta più di cinquecento pagine, è stata appena ripubblicata in forma sintetica da Fede & Cultura con il titolo L’ariete del modernismo; curatore della nuova edizione è Gaetano Masciullo, giornalista freelance che si occupa di divulgazione filosofica e teologica.

L’intento di padre Malachi era quello di mostrare il progressivo cambiamento avvenuto all’interno della Compagnia di Gesù a partire dalla trentunesima Congregazione generale, che ebbe luogo negli anni Sessanta del secolo scorso, e dalla contemporanea elezione di Pedro Arrupe a superiore dell’Ordine. Tradita l’impronta ricevuta dal Santo Fondatore, Ignazio di Loyola, da allora i gesuiti hanno iniziato a prendere una serie di posizioni inconciliabili con il Magistero di sempre: la confusione tra marxismo e cristianesimo, la teologia della liberazione, il movimento sandinista in Nicaragua, l’ermeneutica della discontinuità del Concilio Vaticano II, la riforma liturgica ecc.

La causa di un simile declino è il modernismo, il tentativo di conciliare la dottrina cattolica con la filosofia moderna.

L’analisi di padre Martin sarebbe stata incompleta e inefficiente senza mostrare le vere cause della trasformazione. Il suo libro, in effetti, pur analizzando il mutamento avvenuto all’interno della Compagnia di Gesù, fornisce in realtà le chiavi per comprendere la grave confusione che tutta la Chiesa cattolica sta vivendo ormai da troppi decenni. I gesuiti sono stati la vera testa d’ariete del modernismo. I primi e più grandi teologi modernisti – George Tyrrell, Pierre Teilhard de Chardin, Karl Rahner, solo per citare i tre principali pensatori di questa scuola teologica, quelli direttamente affrontati nel volume – erano gesuiti. Capire pertanto il loro modernismo significa capire il modernismo cattolico, e capire il modernismo cattolico significa capire l’attuale crisi della Chiesa (e come uscirne indenni).

Infine, l’aspetto più subdolo del modernismo ha a che fare con le sue applicazioni politiche e può essere sintetizzato in un nome: il socialismo, in ogni sua forma, cioè l’assunzione utopistica che, per fare giustizia in questo mondo, sia necessario dare priorità alla collettività piuttosto che all’individuo.

Se l’analisi di padre Martin si ferma al pontificato di Giovanni Paolo II, l’attualità dello studio emerge quando si considera che Bergoglio è proprio un gesuita, il primo della storia a sedere sul soglio pontificio. E, guarda caso, ha scelto il nome di Francesco, proprio in ottemperanza a quella fatidica “opzione preferenziale per i poveri” che l’autore denunciava con preoccupazione in tempi non sospetti.

A prescindere dai giudizi che si possono dare sull’argentino, non si può certo negare che la situazione generale della Chiesa abbia visto un aggravamento rapido dal punto di vista dottrinale e morale e un crescente intiepidirsi da parte dei laici. Oggi, purtroppo, la sensazione diffusa è che si sia toccato un fondo da cui sembra impossibile risalire.


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